Se penso appunto a me e alla mia esperienza, tutto è nato dalla forte esigenza di sentirsi utili. Già in precedenza avevo scelto il mondo delle Risorse Umane, perché mi piaceva l’idea di aiutare le persone a trovare l’azienda che fosse più rispondente alle loro esigenze e di contribuire affinché coloro che erano disoccupati potessero finalmente ritrovare un sostentamento economico per se stessi e la loro famiglia.
La prospettiva, dunque, di andare ancora più a fondo ai bisogni delle persone mi ha indotto a riprendere in mano la mia carriera, le mie competenze e la mia formazione, certamente portandomi dietro tutto il bagaglio consolidato fino a quel momento, ma con una nuova prospettiva.
La conoscenza degli strumenti e delle dinamiche tipiche della selezione del personale, credo siano un buon background da offrire agli utenti in fase di orientamento, anche solo per spiegare cosa cercano i professionisti che “sono dall’altra parte”. Ogni argomento, al contempo, è svolto con altre prospettive, e se in selezione si chiede di raccontare ai candidati le proprie competenze tecniche e trasversali, nei percorsi di orientamento si aiutano le persone a riconoscerle.
Nell’affrontare questi nuovi approcci, e per valutare le mie nuove competenze, ho cominciato senza dubbio a operare da Orientatrice in primis verso me stessa. Mi sono chiesta quali fossero gli strumenti più efficaci per svolgere al meglio questo lavoro, rimettendomi a studiare, ad esempio.
Sono diventata orientatrice nel 2019, quando AssOrienta, all’inizio della sua attività, mi ha offerto la possibilità di ricevere una formazione per specializzarmi nell’orientamento professionale in Istruzione e Lavoro post-diploma. Nello specifico, mi sono occupata da subito delle opportunità che offrono le Università e in poco tempo ho cominciato a operare in scuole di tutta Italia.
L’Orientatore agevola ad estrarre tutto quanto alberga internamente e invita alla domanda continua, quella che porta a mettersi in gioco tutte le volte che la vita lo richiede. Se nella selezione lavorativa si capisce che il processo è andato bene, perché il candidato e l’azienda si scelgono e concretizzano con un contratto di assunzione, un percorso di orientamento potrebbe concludersi con una piena consapevolezza della persona della scelta professionale da compiere, ma potrebbe anche non succedere subito, perché occorre dare il tempo all’utente di interiorizzare e sedimentare quanto svolto insieme e capire in che modo specifico dare concretezza a quanto affrontato.
E questo implica anche che l’Orientatore non può essere un risolutore di problemi, perché l’Orientatore non offre sempre la risposta concreta e immediata relativa a quale mestiere l’orientato sia più adatto a svolgere – feedback che molto spesso la stessa persona seguita si aspetta di ricevere -.
Seppure i frutti si raccolgano nel medio o lungo termine, la persona è stata orientata all’acquisizione di un metodo, di un approccio, di strumenti che siano utili ed efficaci in qualunque momento della sua vita e a fronte di qualunque scenario economico.
Questo non implica che risultati tangibili non si possano ottenere anche in tempi brevi, e certamente succede che le persone capiscano al volo quello che vogliono intraprendere, attraverso la redazione di un preciso progetto professionale.
Il termine orientamento deriva dal latino “oriens”, oriente e dal verbo “oriri” che significa sorgere. I templi degli antichi Greci e Romani erano ad esempio orientati, perché costruiti con la facciata volta ad oriente, che è il punto in cui sorge il sole. Nel XVII secolo, invece, l’orientamento geografico era un riferimento ai punti cardinali di una bussola. Riconoscendo le quattro direzioni di Nord, Sud, Est e Ovest come indicatori di navigazione, le persone sono state in grado di orientarsi all’interno di uno spazio e di muoversi verso gli obiettivi desiderati.
Allo stesso modo, quando si parla di orientamento oggi si intende un indicatore interno che ti aiuta a determinare i tuoi obiettivi di vita e a raggiungerli con chiarezza. Quando ti sintonizzi con la tua bussola interna di valori, di sogni e di aspettative, l’orientamento diventa un potente strumento per manifestare la vita che desideri per te stesso.
L’orientamento è un’attività che si concretizza in un insieme di interventi volti a sostenere le persone che devono compiere scelte importanti in momenti di transizione o difficoltà e ad aiutarle a superare fasi di smarrimento e insoddisfazione circa il proprio percorso di studi, la propria occupazione o il proprio benessere sociale. Esistono diversi tipi di orientamento e una figura professionale che se ne occupa, appunto l’Orientatore.
Sappiamo bene che il passaggio dalla Scuola all’Università è un momento chiave della vita di ogni persona, è l’attraversamento di un ponte che ti conduce, o ti ha condotto, verso il mondo del lavoro e rappresenta un periodo di vita che impegna molte energie e pensieri.
Per questo motivo, l’orientamento universitario non è la semplice scelta della facoltà giusta. Attribuirgli questo unico significato sarebbe come toglierli il ruolo cardine che ricopre nella costruzione dei progetti di vita delle persone.
L’orientamento universitario è in continuità con quello che c’è prima, cioè l’orientamento a scuola, e con quello che c’è dopo, vale a dire l’apprendimento permanente, la continua ricerca del proprio benessere all’interno del tessuto sociale. L’università è soltanto uno dei luoghi in cui l’orientamento può essere svolto, e la finalità resta sempre la stessa: consentire alla persona di acquisire maggiore consapevolezza sulla propria identità e sulle proprie capacità.
I giovani studenti interessati alla carriera universitaria sono spesso scoraggiati dai luoghi comuni sulla complessità nell’intraprendere questo percorso con scarse possibilità di impiego futuro per ciò che si è appreso appunto durante la carriera universitaria. Quanto c’è di vero in tutto questo? Indubbiamente la carriera universitaria, cosi come qualsiasi altro percorso di vita intrapreso, prevede delle complessità ma nonostante ciò la carriera che ne potrebbe scaturire assicura grandi soddisfazioni e prestigio in primis professionale oltre che personale.
Dopo la fine delle scuole superiori, si entra nella delicata fase dell’Università e, di conseguenza, della definizione di una carriera lavorativa. La carriera universitaria non sarà la prima scelta per tutti, perché ci sono molti altri percorsi professionali tra cui scegliere.
Ma chi dovesse optare per un percorso universitario si troverà a fare delle considerazioni o ad avere delle preoccupazioni in merito alla propria carriera, e questo è assolutamente normale. È fin dai tempi dell’Antica Grecia e dei precetti delfici che cerchiamo di “conoscere noi stessi”, quindi è naturale che le domande legate all’ambito professionale, prima o poi, ci travolgano, poiché fanno parte del nostro percorso individuale. L’importante, però, è non farsi sopraffare da quella sensazione, ma di cercare risposte e, soprattutto, di non aver paura a chiedere una mano.
Avere un’idea chiara di chi vuoi diventare dopo esserti laureato, e stabilire un obiettivo professionale definito e specifico è una regola fondamentale nella ricerca del lavoro e ancor prima nella scelta del percorso di studi. Definisci, quindi, con precisione dove vuoi arrivare e qual è la posizione che vuoi ricoprire. Prendi in considerazione il percorso di studi universitario: in alcuni casi gli studi non preparano per una professione specifica, lasciando a ciascuno il difficile compito di individuare un ambito in cui trasformare il sapere nel “saper fare”.
Partire da se stessi e dalle proprie specificità è dunque indispensabile per lasciarti individuare da chi sta cercando esattamente le tue competenze.
L’istruzione universitaria ha conosciuto una significativa trasformazione durante la pandemia di COVID-19. Il diffondersi improvviso del COVID-19 nella primavera del 2020 ha infatti costretto gli studenti a rimanere a casa e a interagire tramite piattaforme di apprendimento online nuove o rinnovate. Alcune università sono tornate completamente alle lezioni in presenza, altre hanno continuato a praticare solamente la didattica a distanza, ed altre ancora hanno optato per entrambe le opzioni.
Indubbiamente gli studenti universitari, in virtù di quanto vissuto, sono diventati più consapevoli del loro tempo e di quanto il tempo sia prezioso per il raggiungimento dei propri obiettivi. Tutto ciò ha permesso a questi giovani studenti universitari di ottimizzare i tempi di attuazione di strategie volte al raggiungimento di obiettivi concreti quali appunto l’acquisizione del titolo di studi in un periodo in cui l’incertezza del futuro era ed è tutt’ora il protagonista principale.
Sicuramente una qualità che ritengo sia imprescindibile e necessaria è imparare ad ascoltare. Ascoltare è un’abilità che genera apertura verso l’altro, trasparenza e voglia di capire. Il dialogo è il risultato del giusto equilibrio tra il saper ascoltare e il saper parlare.
Nell’incontro con una o più persone, a volte capita di incontrare delle difficoltà nell’ascoltare l’altro. Ciò delinea molto presto il passaggio dall’ascoltare al sentire, poiché si tende ad elaborare mentalmente una risposta per quando l’altro avrà finito di parlare, senza però tentare di prestare attenzione a quello che ci viene riferito. Saper ascoltare è molto difficile perché esige controllo e attenzione, comprensione e sforzo per captare il reale messaggio del nostro interlocutore.
Ascoltare significa dirigere la propria attenzione verso l’altro, entrare nel suo ambito di interesse e nel suo sistema di riferimento. Ponendoci in una condizione di silenzio, aiuteremo l’altra persona ad esprimersi e a raccontarsi con più serenità, senza sentirsi inappropriata, interrotta o criticata. Solamente un attento ascolto rende feconde le parole che possiamo rivolgere al nostro interlocutore. È difficile poter dire all’altro qualcosa di valido se non apriamo le orecchie per ascoltarlo. Solo così la persona che ha parlato sentirà che le stiamo dando l’importanza che merita, e in questo modo si mostrerà riconoscente, creando un clima di rispetto, stima e fiducia.
Una delle prime parole che mi viene da associare all’orientamento è: sostegno. Sostenere la persona nella scelta e nell’acquisizione di maggiore consapevolezza di se è un atto dovuto per chi si affida a professionisti come noi nel settore dell’orientamento. Pertanto ciò che risulta evidente è che tale pratica non può essere considerata solo in alcuni momenti circoscritti della vita di uno studente.
L’Orientatore, in realtà, quale “potenziatore di sviluppo” ha il compito di “accompagnare”, così come farebbe un coach, ogni allievo alla conoscenza di se stesso affinché possa comprendere non solo chi è e cosa desidera, ma anche e soprattutto cosa gli serve per trovare le risposte alle sue domande, e questo sin dalla scuola dell’infanzia.